venerdì 25 marzo 2011

ROMEO: Chi non è mai stato ferito, ride delle cicatrici altrui. (Giulietta appare a una finestra.) Oh, che luce viene da quella finestra? Essa è l'oriente e Giulietta è il sole. Sorgi, bel sole, e uccidi l'invidiosa luna già malata e livida di rabbia perché tu sei tanto più luminosa di lei. Non servirla se essa ti invidia; la sua veste virginale è d'un color verde scialbo che piace solo agli sciocchi. Gettala via! Ma è la mia dama! il mio amore! Se sapesse di esserlo! Parla, e nulla dice. Come mai? E il suo sguardo a parlare per lei e a lui risponderò. No, sono troppo audace, non si rivolge a me. Due delle più belle stelle del cielo devono essere state attirate altrove e hanno pregato gli occhi di lei di scintillare nelle loro orbite durante la loro assenza. E se davvero gli occhi di lei, gli occhi del suo volto, fossero stelle? Tanto splendore farebbe scomparire le altre stelle come la luce del giorno fa scomparire una lampada in cielo i suoi occhi brillerebbero tanto che gli uccelli si metterebbero a cantare credendo non fosse più notte. Guarda! Guarda come poggia la sua gota alla mano; oh, fossi il guanto di quella mano e potessi toccare quella gota! GIULIETTA: Àhimè! ROMEO: Parla, oh, parla ancora, angelo di luce! Sei bella in questa notte e mi sovrasti come un alato messaggero celeste, cavalcante su pigre e sbuffanti nuvole per volare in seno all'aria, sorvola i mortali che, nel levare lo stupido sguardo verso l'alto, si piegano all'indietro e fan biancheggiare gli occhi. GIULIETTA: Romeo, Romeo, ma perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, rinuncia al tuo nome; e se non vuoi farlo, basta che tu giuri d'essere il mio amore perché io non sia più una Capuleti. ROMEO (fra se) Devo ancora stare ad ascoltare o devo rispondere? GIULIETTA: Solo il tuo nome mi è nemico; tu sei te stesso, non un Montecchi. Che cos'è Montecchi? Non è la mano, non è il piede, non è il braccio, non è il volto né qualsiasi altra parte d'un corpo umano. Prendi un altro nome. Cosa v'è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa non perderebbe il suo profumo se avesse un altro nome. E così Romeo, anche se non si chiamasse Romeo, resterebbe perfetto. Romeo, lascia andare il tuo nome; e pel tuo nome che non è parte di te, prendi tutta me stessa. ROMEO: Ti prendo in parola: chiamami "amore" e sarò ribattezzato. Da questo istante non sarò mai più Romeo. GIULIETTA: Ma chi sei tu, che, così protetto dalle tenebre, sorprendi i segreti miei? R0MEO: Il mio nome non ti direbbe chi io sia; il mio nome, santa mia cara, è odioso a me perché è nemico a te. Se lo avessi scritto strapperei il foglio. GIULIETTA: Nei miei orecchi non sono ancora entrate cento parole della tua voce che già ne conosco il suono. Non sei tu Romeo, e un Montecchi? ROMEO: Nessuno dei due, creatura bella, se tutt'e due ti dispiacciono. GIULIETTA: Ma come sei venuto, dimmi, e perché? I muri del giardino sono alti e difficili da scalare e, dato chi sei, questo nome ti sarebbe mortale, se un parente mio ti ci trovasse. ROMEO: Sono volato sopra questi muri con le ali dell'amore, ché nessun limite di pietra può chiudere la via della passione. Tutto ciò che amore osa è lecito all'amore. I tuoi parenti non sono un ostacolo per me. GIULIETTA: Ma se ti vedono ti uccidono. R0MEO: V'è più pericolo negli occhi tuoi che in venti delle spade loro. Guardami con dolcezza e io sarò al sicuro da ogni nemico. GIULIETTA: Per niente al mondo vorrei ti vedessero qua. ROMEO: La notte mi nasconde con il suo manto; ma se tu non mi ami, lascia pure che essi mi scoprano. Morire per il loro odio è meglio che vivere implorando il tuo amore. GIULIETTA: Chi ti ha condotto fino a qui? ROMEO: Per primo mi ci ha spinto l'amore. In cambio del suo consiglio, gli ho prestato i miei occhi. Non sono un pilota, ma anche se tu fossi stata distante quanto la spiaggia bagnata dal più lontano mare, io mi sarei avventurato fin laggiù. GIULIETTA: Se la notte non celasse il mio volto, tu mi vedresti arrossire per ciò che hai udito dire stasera. Oh, Romeo, rispetterei volentieri le forme, rinnegherei volentieri quel che ho detto; ma, oramai, addio vani rispetti! Tu mi ami? So che rispondi sì, e ti prendo in parola. E' vero, con il giuramento potresti provarmi il contrario; ma anche Giove si dice rida degli spergiuri d'amore. Dolce Romeo, se mi ami dimmelo con lealtà; e se credi che io mi sia lasciata vincere troppo presto, mi farò burbera e cattiva e ti respingerò perché tu ti metta a corteggiarmi. Ma no, per nulla al mondo lo farei. Davvero, Montecchi mio caro, sono tanto innamorata che non m'importa di vederti giudicare leggera la mia condotta. Ma fidati di me, tu che sei un gentiluomo, e vedrai che sono più fedele di chi ha più astuzia e più riserbo. Sarei stata più riservata, lo confesso, se tu non avessi sentito, prima che io stessa me ne accorgessi, la mia passione. E allora perdonami, e non mi condannare se nel buio della notte ho in un baleno ceduto al tuo amore. ROMEO: Madonna, io vi giuro sulla benedetta luna che inargenta le cime di questi melograni... GIULIETTA: Oh no, non giurare sulla luna, sull'incostante luna che ogni mese si muta, a meno che il tuo amore sia altrettanto mutevole. ROMEO: Su che cosa devo giurare? GIULIETTA: Non giurare affatto o, se vuoi, giura su te stesso, divino signore della mia idolatria, e subito ti crederà. ROMEO: Se il caro bene del mio cuore... GIULIETTA: No, non giurare benché tu sia la mia gioia io non riesco a gioire del patto d'amore che ci lega stasera, è troppo rapido, troppo improvviso, troppo violento, troppo simile al fulmine che passa prima che si sia potuto dire "Fulmina!" Dolcezza mia, buonanotte. Questo boccio d'amore si maturerà nel soffio dell'estate e forse, quando ci ritroveremo, sarà uno splendido fiore. Buonanotte, buonanotte! il riposo e la pace che scenderanno nel tuo cuore siano soavi come quelli che sono nel mio petto. ROMEO: Vuoi lasciarmi insoddisfatto così? GIULIETTA:E quale soddisfazione potresti avere stasera? ROMEO: Quella di udirti ricambiare il mio voto d'amore. O Il mio voto te l'ho dato prima che tu me l'abbia chiesto eppure vorrei avere ancora da pronunciarlo. ROMEO: Vorresti rinnegarlo? E perché, amore? GIULIETTA: Per essere generosa e potertelo ridare. Ma io desidero solo quello che già ho. La mia generosità è come il mare e non ha confini, e il mio amore è altrettanto profondo: ambedue sono infiniti e così più do a te e più ho per me. (La Nutrice chiama dall'interno.) Odo voci in casa. Addio, amore caro! Vengo, balia. Dolce Montecchi, sii fedele. Aspettami costì, torno subito. (Si ritira.) ROMEO: Benedetta, benedetta notte! Ho paura, poi che è notte, che tutto questo sia solo un sogno, troppo dolce e lusinghiero per essere vero. (Giulietta si riaffaccia alla finestra.) GIULIETTA: Tre parole, caro Romeo, e buonanotte per davvero. Se sei disposto ad amarmi con onore e se il tuo scopo è di sposarmi, mandami a dire, domani, da chi incaricherò di venire da te, dove e a che ora vuoi celebrare il rito, e io metterò ai tuoi piedi tutti i miei beni e ti seguirò, mio signore, per tutta la vita; NUTRICE (da dentro): Madonna! GIULIETTA: Vengo subito... Ma se le tue intenzioni non sono buone, io ti scongiuro... NUTRICE (da dentro): Madonna! GIULIETTA: Eccomi, vengo... di smettere la tua corte e di lasciarmi al mio dolore. Domattina manderò da te. ROMEO Dio salvi l'anima mia... GIULIETTA: Mille volte buonanotte! (Esce.) ROMEO: Mille volte cattiva, nel desiderio della tua luce. L'amore corre all'amore con la gioia con cui gli scolari fuggono dai libri; e l'amore fugge dall'amore con il mesto sguardo con cui lo scolaro corre alla scuola. (Si allontana.) (Giulietta torna ad affacciarsi alla finestra.) GIULIETTA: Senti, Romeo, senti! Oh, se avessi la voce d'un falconiere per adescare questo falchetto! La voce di chi è schiavo è fioca e non può parlar forte, se no squarcerei la caverna dove si cela l'eco e pel gran ripetere il nome del mio Romeo renderei quell'aerea voce più roca della mia. Romeo! ROMEO: È l'anima mia che pronuncia il mio nome così: la voce degli amanti nella notte è argentea come la più dolce delle musiche. GIULIETTA: Romeo! ROMEO: Cara! GIULIETTA: A che ora, domattina, posso mandare da te? ROMEO: Alle nove. GIULIETTA:Non mancherò: han da passare vent'anni per arrivare a quell'ora. Non mi ricordo più perché t'ho richiamato. ROMEO: Lasciami aspettare che tu te lo rammenti. GIULIETTA: Lo dimenticherò per vederti ancora costà, e ricorderò solo come io goda la tua compagnia. ROMEO: E io ci rimarrò perché tu continui a dimenticare, dimenticando ogni luogo che non sia questo. GIULIETTA: È quasi giorno; vorrei tu te ne fossi andato ma non più lontano d'un fringuello che balzi via dalla mano di una lieta ragazzetta, come un povero prigioniero fuori dalle sue catene, e che ella, gelosa di quella libertà, riconduca a sé con un filo di seta. ROMEO: Vorrei essere io il tuo prigioniero. GIULIETTA: E così vorrei io, dolcezza mia, ma ti finirei per le molte carezze. Buonanotte, buonanotte! Lasciarti è un dolore così dolce che vorrei dir buonanotte finché fosse giorno. ROMEO: Sonno agli occhi tuoi, pace al tuo cuore! Vorrei essere io il tuo sonno e la tua pace. Adesso vado alla cella del mio confessore a chiedergli aiuto e a confidargli la mia fortuna. (Esce.)


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